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Margaret Mead, l’antropologa femminista

  • Immagine del redattore: Letizia Destefanis
    Letizia Destefanis
  • 1 mag 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 26 set 2024

E’ difficile definire cosa sia l’antropologia culturale e non perché è qualcosa di aleatorio, ma perché le discipline e gli studi condotti sono pressoché infiniti. Si può definire l'antropologia, una delle tre scienze che studia l’uomo e le culture umane nelle loro diramazioni sia etniche che di espressioni popolari, nel quale il concetto di cultura è fondamentale (se vuoi sapere quando nasce il concetto di cultura ti invito a leggere questo articolo https://www.lastanzaverde6.com/post/l-arte-parietale-delle-grotte-preistoriche ). Questo insieme di studi e ricerche, diventa una vera e propria disciplina nella seconda metà dell’800, entrando nelle università con un indirizzo specifico. Di solito si fa corrispondere la nascita all’anno di pubblicazione del libro “Primitive Culture (alle origine della cultura)” di Edward B. Tylor nel 1871, che definisce il concetto di antropologia culturale. 


Ritratto di Edward B. Tylor, 1917, Photo. Elliot & Fry, Stati Uniti

Immagine presa da Wikipedia. Ritratto di Edward B. Tylor, 1917, Photo. Elliot & Fry, Stati Uniti

Nei primi anni del 900 si inizia a fare la ricerca sul campo, che sarà fondamentale per capire il discorso sulla diversità umana. Se dapprima gli studiosi svolgevano le loro indagini nelle biblioteche, utilizzando i resoconti dei viaggiatori, dei naturalisti, dei missionari e dei funzionari coloniali, come fonti, ora si inizia a viaggiare, rispondendo alle domande teoriche, con studi sul campo. Tra i più famosi antropologi ci sono Bronisław Malinowski in Inghilterra, pioniere del concetto di osservatore partecipante, ossia il vivere all’interno di una comunità, condividendone la quotidianità e partecipare alle più importanti pratiche sociali e Franz Boas negli Stati Uniti, la cui allieva, Margaret Mead è considerata una delle pioniere degli studi sulla cultura e sulla personalità.

Ritratto di Margaret Mead, 1948, Smithsonian Institution, Stati Uniti

Immagine presa da Wikipedia. Ritratto di Margaret Mead, 1948, Smithsonian Institution, Stati Uniti

Margaret Mead nasce nel 1901 a Filadelfia, negli Stati Uniti. La sua famiglia, di stampo cristiano era composta dal padre, professore di economia all’Università della Pennsylvania, dalla madre sociologa e dalla nonna paterna e sono proprio queste due figure femminili a darle  i punti di riferimento di cui aveva bisogno per affrontare i suoi studi. Sebbene la prima facoltà che aveva scelto era psicologia, quando conobbe l’amica e collega Ruth Benedict, si iscrisse ad antropologia. Durante gli anni dell’università conobbe il suo futuro marito, dal quale sfortunatamente non potè avere figli, pur desiderandoli.

Foto di Margaret Mead (al centro) con due ragazze adolescenti samoane

Immagine presa da Library of congress. Foto di Margaret Mead (al centro) con due ragazze adolescenti samoane

A soli 24 anni si recò in un isola samoana per compiere ricerca sul campo, nello specifico studiare le adolescenti samoane. Dopo due anni pubblicò il suo primo libro “Coming of age in Samoa” spiegando che il disagio adolescenziale nell’isola non era naturale, ma generato da condizionamenti sociali, non biologici. Dopo cinque anni di matrimonio chiese il divorzio, sposandosi successivamente con un collega neozelandese, con il quale si trasferì in Nuova Guinea. Nell’isola di Manus si dedicò allo studio dello sviluppo dei bambini e degli adolescenti, pubblicando nel 1935  “Sesso e temperamento”, uno studio condotto sulle popolazioni primitive gli Arapesh, i Mundugumor e i Tchambuli, dichiarando ancora una volta che gli aspetti sessuali, differenti tra le diverse società, erano influenzati dalla cultura e non dagli aspetti biologici. L’anno successivo si trasferì a Bali con il suo terzo marito, l’antropologo Gregory Bateson, dal quale ebbe l’unica figlia, Mary Catherine. 

Margaret Mead a Bali, 1957-1958, Ken Heyman

Immagine presa da Artribune. Margaret Mead a Bali, 1957-1958, Ken Heyman

Nel 1942 i due  pubblicarono il libro “Balinese Character: A Photo Analysis” nel quale l’uso della fotografia ebbe un ruolo principale nella documentazione (se vuoi leggere di più sulla nascita della fotografia ti invito a leggere questo articolo https://www.lastanzaverde6.com/post/eliografia-dagherrotipo-talbotipia-fotografia-un-evoluzione-storica-ed-artistica ) di questo innovativo metodo di studio. La seconda guerra mondiale fermò le sue ricerche nel pacifico, ma non la sua voglia di fare: con l’amica e collega Ruth Benedict fondò l’Istituto per gli Studi Interculturali.  A differenza degli antropologi del loro tempo, le due donne, specialmente Margret, usavano un approccio alla materia piuttosto psicologico, più che storico o ambientale, a tal punto da essere le prime pioniere negli studi di genere, che si sta sviluppando davvero molto negli ultimi anni, e nello sviluppo nel movimento femminista.

Ritratto di Ruth Benedict, 1937, World Telegram staff photographer

Immagine presa da Wikipedia. Ritratto di Ruth Benedict, 1937, World Telegram staff photographer

A guerra finita, nel 1953, torna sull’isola di Manus, per studiare dopo venticinque anni, i cambiamenti che l’esposizione ad altre culture aveva portato sulla popolazione, scrivendo “New Lives for Old”. Margaret Mead scrisse più di 45 libri nella sua vita, anche “An Anthropologist at Work: Writings of Ruth Benedict” uno studio sul lavoro svolto dalla collega ed amica Ruth e “Blackberry Winter” un’autobiografia pubblicata nel 1972. Margaret Mead, l’antropologa femminista, si spense nel 1978 e solo l’anno successivo, fu una delle protagoniste di una raccolta di figurine “Supersister” come modello femminile di successo in campo culturale.

"La natura umana è incredibilmente malleabile, tale da adattarsi accuratamente, con aspetti contrastanti, a condizioni culturali in contrasto."

Margaret Mead (1901 - 1978)

In conclusione possiamo dire che, nella nostra società, percorsa da flussi migratori sempre maggiori, c’è bisogno di esperti della diversità, qui entra in gioco la figura dell’antropologo, in grado di favorire la comunicazione e l’integrazione, anche attraverso enti e ONG. Se la storia, la filosofia e le altre scienze umane sono capaci di contribuire al sapere, l’antropologia incrementa il discorso allungandosi fino alla sfera pubblica, ad esempio aprendo discussioni sul funzionamento della nostra società, sui sistemi di valori e i grandi problemi figli del nostro tempo. 


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