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Cagliostro e Felice Orsini: un destino comune nel “pozzetto” di San Leo

  • Immagine del redattore: Letizia Destefanis
    Letizia Destefanis
  • 7 giu 2023
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 22 set 2024

“Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su in Bismantova e ‘n Cacume con esso i piè; ma qui convien ch’om voli”.

Dante, “Divina Commedia”, Purgatorio, Canto IV

Citato da Dante nella Divina Commedia. Fulcro delle manovre politiche della famiglia dei Montefeltro. Ospitò San Francesco d’Assisi, che qui ricevette in dono il Monte della Verna. Dato allo stato pontificio nel 1631, divenne poi un carcere di massima sicurezza dove morirono il conte Cagliostro e Felice Orsini. Ai giorni nostri è considerato uno dei borghi più belli d'Italia.

San Leo è un antico borgo situato su un gigantesco sperone roccioso, invalicabile. Alle spalle è visibile San Marino, insieme formano un asse difensivo per tutto il territorio della Valmarecchia e di Rimini, provincia di cui fa parte. Prende il nome da un eremita, San Leone che si trasferì sul crostone di roccia per erigere una piccola chiesa, il quale farà da faro per le costruzioni successive. Nel periodo alto medioevale, vero il 960, l’abitato gestito dal re longobardo Berengario II, fu preso d’assedio da Ottone I di Sassonia. Successivamente il borgo passò dai conti di Montefeltro, ai Malatesta, ai Medici e infine ai Della Rovere, fino al passaggio allo stato pontificio nel 1631.

Panorama del piano roccioso in cui eè costruito San Leo. Foto

Immagine presa da Wikipedia. Panorama del piano roccioso in cui eè costruito San Leo

Dal punto di vista architettonico la fortezza si compone dell’intero borgo, la cattedrale di San Leone, la torre civica, il palazzo mediceo e l'antica pieve. L’attuale aspetto è certamente quello messo in atto da Federico di Montefeltro e attuato dal suo architetto. È un esempio di architettura rinascimentale, in cui il punto di vista d’insieme crea omogeneità e congiunzione con l’ambiente circostante. Guardando meglio si notano due apparati distinti, uno nella parte più alta composto da tre tipici torri a forma quadrata, risalenti al periodo medievale, mentre nella parte bassa, l'ala residenziale e le torri circolari unite da un grosso muraglione finemente decorato. I numerosi cortili e spazi aperti, favoriscono il collegamento con gli elementi posti a livelli diversi.

Negli ambienti interni sono presenti mobili, stampe e oggetti d’arte e di uso comune di diverse epoche. In particolare si possono trovare gli oggetti di studio appartenuti a Cagliostro, una figura misteriosa che proprio a San Leo trovò la sua fine.

Vista aerea della fortezza di San Leo

Immagine presa da San Leo. Vista aerea della fortezza di San Leo

Giuseppe Balsamo, meglio noto come Alessandro, il conte di Cagliostro nacque a Palermo il 2 giugno 1743, rimasto orfano fu affidato all'orfanotrofio di San Rocco dove scappò più volte, motivo per il quale fu trasferito a Caltagirone nel convento dei Fatebenefratelli dove si interessò allo studio delle proprietà medicinali delle erbe officinali, cosa che gli sarà utile in seguito.

Busto di Cagliostro, Jean-Antoine Houdon, 1786, National Gallery of Art, Washington

Immagine presa da Wikipedia. Busto di Cagliostro, Jean-Antoine Houdon, 1786, National Gallery of Art, Washington

Scappato a Messina, nel suo “Memoriale” racconta di aver conosciuto il suo primo maestro Altotas (di cui non si sa nulla, per questo gli studiosi pensano sia un personaggio inventato), di origini greche con il quale viaggiò in Egitto, a Rodi e a Malta dove venne introdotto nell’ordine dei Cavalieri di Malta intorno al 1766. Nel 1768, sposa a Roma, Lorenza Serafina Feliciani, un’analfabeta figlia di un fondatore di bronzo, il quale sa che Giuseppe non ha titoli nobiliari. Gli anni romani sono quelli che passa come falsario, tra documenti, sigilli e false onorificenze, fino alla denuncia da parte del suocero che lo costringe a scappare a Bergamo con la moglie. Dopo il successivo arresto, i due, scappano in Francia dove conoscono Giacomo Casanova.

Stampa di Lorenza Serafina Feliciani sposa di Giuseppe Balsamo (Cagliostro), 1791

Immagine presa da Wikipedia. Stampa di Lorenza Serafina Feliciani sposa di Giuseppe Balsamo (Cagliostro), 1791

Grazie ai proventi ricevuti dalla prostituzione di Lorenza, riescono ad arrivare a Barcellona. È il 1769 e l’attività di cortigiana della moglie presso ricchi clienti dà i suoi frutti: vengono mantenuti presso il palazzo del marchese Fontanar di Madrid, dopo un anno vengono cacciati e Lorenza diventa l'amante di un famoso banchiere di Lisbona. Una piccola parentesi è quella londinese, in cui Giuseppe si inventa un ricatto ai danni di un quacquero, ma le cose non vanno per il verso giusto e i due emigrano a Parigi. Qui ospiti della marchesa de Prie, Lorenza, si innamora sinceramente dell’avvocato della nobile e lascia il marito, denunciandolo di incitamento alla prostituzione. In risposta Giuseppe la denuncia per adulterio e abbandono del tetto coniugale, ritirando poi la denuncia e convincendo la donna a tornare con lui. È a Londra per la seconda volta, che i due si danno il nome di conti di Cagliostro e vengono introdotti alla massoneria, dopo i numerosi problemi con la legge dovuti alle attività illegali che Giuseppe continua a svolgere. In questo momento Cagliostro iniziò a raccontare innumerevoli bugie sul suo conto: faceva parte di una setta in grado di poter evocare gli spiriti, di avere delle visioni attraverso l’idromanzia (metodo di divinazione basato sull’osservazione dell’acqua), di essere un taumaturgo, fino alla più grande, ossia il poter trasformare il piombo in oro. Proprio questa ultima cosa lo portò insieme a Lorenza a Varsavia nel 1780, ospiti del principe Adam Pininsky, massone e appassionato di alchimia. La trasformazione non era altro che la sostituzione del recipiente contenente piombo con quello contenente oro, insomma anche qui, Cagliostro fece quello che sapeva fare meglio, truffare. Una volta scoperto, ricevette una denuncia che insieme a quella per violenza sessuale durante una seduta spiritica, lo portò ad una frettolosa partenza.

Ritratto di Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, Autore Sconosciuto, dopo il 1750

Immagine presa da Storica National Geographic. Ritratto di Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, Autore Sconosciuto, dopo il 1750

A Strasburgo si inventò medico e sono ancora leggibili le ricette delle sue inutili tisane guaritrici. Ormai la sua fama di esperto alchimista ed esoterista andava di pari passo con quella di truffatore e fannullone. Verso la fine del 1787, fu scatenata una campagna diffamatoria nei confronti di Cagliostro che fu costretto a rientrare in Italia, senza la moglie che lo denunciò pubblicamente dichiarando tutti i soprusi subiti nel corso degli anni. Dichiarazione che venne ritrattata più volte e che la fece ritornare con il marito a Roma, dopo aver viaggiato per tutta l’Italia, a causa della testardaggine di Cagliostro che si mostrò aperto a mostrare i riti iniziatici della massoneria a due spie del papa, venne incarcerato con l’accusa di esercizio dell'attività di massone, magia, bestemmie contro Dio, Cristo, la Madonna, i santi e la religione cattolica, di lenocinio, falso, truffa, calunnia e pubblicazione di scritti sediziosi. Lorenza, la cui testimonianza fu determinante per la condanna di Cagliostro, venne assolta: tuttavia, scelse di passare i successivi quindici anni nel convento di Sant'Apollonia dove morì nel 1810.

Botola nel soffitto della cella di Cagliostro chiamata "pozzetto"

Immagine presa da TgTourism. Botola nel soffitto della cella di Cagliostro chiamata "pozzetto"

Dopo aver abiurato, Cagliostro venne trasferito alla rocca di San Leo e imprigionato nella cella peggiore di tutti, chiamata "pozzetto", visibile ancora oggi. Era priva di porta, il detenuto, calato con una corda da una botola sul soffitto, aveva un’unica finestra poco più di una feritoia sbarrata da tre file di sbarre di ferro. Inizialmente Cagliostro si dimostrò molto devoto pregando e disegnando sui muri della cella forme angeliche. Iniziarono poi i primi deliri psicotici che lo portarono ad auto picchiarsi. Nel 1795, dopo quattro anni nel pozzetto, fu trovato semiparalizzato e rimase così per tre giorni prima di morire il 26 agosto. Su sepolto senza rito, senza cassa e senza lapide, come il più orribile degli infedeli, ma le truppe polacche, due anni dopo, quando conquistarono la rocca scoprirono il cadavere e leggenda vuole che il cranio di Cagliostro sia stato usato come coppa per gli alcolici.

Ritratto di Felice Orsini, litografia della fine del XIX secolo

Immagine presa da Wikipedia. Ritratto di Felice Orsini, litografia della fine del XIX secolo

Andò meglio, per quando riguarda la prigionia alla fortezza di San Leo, a Felice Orsini, nato a Meldola in provincia di Forlì il 10 dicembre 1819 che grazie all’istruzione impartita dallo zio alla quale fu affidato, viene conosciuto ancora oggi, come rivoluzionario e patriota. Prima di laurearsi in legge a Bologna nel 1843, aveva già dimostrato di avere un’indole ribelle e rivoluzionaria, quando appena ragazzo, si era arruolato alle truppe francesi di Ancona, giunte per liberare il territorio della Romagna dallo Stato Pontificio. Nel 1844, fu arrestato insieme al padre Andrea, dopo una rappresaglia in cui all’amico Eusebio Barbetti, venne trovato in possesso di un piano rivoluzionario scritto da Felice. Dopo sei giorni dall’arresto, fu scortato insieme al padre ed altri patrioti, alla fortezza di San Leo. Appena tre mesi dopo, venne sventato un tentativo di fuga da parte dei prigionieri politici, con la complicità di alcune guardie. Lo scopo della fuga molto probabilmente era quello di mettere in moto la macchina della rivoluzione. Processato a Roma, ottenne la condanna al carcere a vita, tramutata in grazia da papa Pio IX.

Stampa popolare che ricorda la morte sulla ghigliottina di Felice Orsini, G. Marchetti, circa 1850-1874

Immagini presa da LombardiaBeniCulturali. Stampa popolare che ricorda la morte sulla ghigliottina di Felice Orsini, G. Marchetti, circa 1850-1874

Negli anni seguenti, seguì i moti rivoluzionari di Mazzini, ma gli altri patrioti, lo allontanarono a causa delle sue idee estremiste. Tentò poi di chiedere aiuto a Cavour, ma questi non gli diede mai risposta. Continuò a spostarsi per l’Italia e l’Europa, fino ad arrivare in Francia dove le sue idee, ancora una volta, non trovarono consenso. Maturò l’idea di un attentato ai danni di Napoleone III, ritenuto responsabile del fallimento dei moti rivoluzionari in Italia nel 1848-49. L’attentato avvenne il 14 gennaio del 1858: Orsini e tre complici gettarono sotto la carrozza imperiale diretta al Teatro dell’Opera tre bombe, uccidendo nell’esplosione otto persone, ferendone più di cento, ma lasciando incolume l’imperatore. Rinchiuso in carcere, fu ghigliottinato due mesi dopo a Parigi.


Sono tantissime le storie legate a San Leo, i suoi muri sono pregni dei

segni di chi in quelle mura ha vinto e perso. Per noi rimane un pezzo di arte e storia che ha ancora tantissimo da darci.


“Ogni estate mi trasferisco nella mia casa di Monte Cerignone e almeno tre volte in un anno porto i miei ospiti in visita a San Leo. Sono stato giustamente ricompensato. San Leo è un marchio indelebile di buona parte della mia vita”

Umberto Eco


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